E’ con le migliori intenzioni che si ottengono gli effetti peggiori
Vorrei iniziare con le parole Oscar Wilde per fotografare come negli ultimi anni, in concomitanza con l’incremento del benessere sociale, la famiglia si sia profondamente trasformata, sia nella struttura della dinamica interna che nella relazione con il mondo esterno. Nella famiglia attuale possiamo trovare entrambi i genitori che lavorano, con la conseguenza che spesso i figli sono cresciuti dai nonni, o da aiuti esterni; oppure possiamo trovare la tipologia di nuclei monogenitoriali in crescita in seguito all’aumento delle separazioni e dei divorzi, famiglie in cui i giovani rimangono più a lungo, sia perchè prolungano gli studi sia perchè non trovano lavoro. In tutto ciò abbiamo bambini che devono andare a scuola, devono giocare a calcio, devono imparare a suonare il pianoforte, andare a sciare.
Magari, invece, ogni tanto avrebbero bisogno anche di annoiarsi, perchè è dalla noia che scatta la fantasia, mentre l’eccesso di stimoli genera angoscia.(Galimberti) Già nella famiglia, come nucleo della società, inizia a delinearsi la differenza nel ruolo maschile e femminile. Il ruolo del padre dopo la nascita, è secondario rispetto a quello della madre , ma non per questo marginale. Passato il primo anno di vita , e poi in un continuo crescendo, il padre è sempre più chiamato in campo come figura di riferimento, poichè è vissuto dal bimbo come ponte tra sè e il mondo esterno. Attualmente, con le nuove generazioni, non c’è più la netta separazione dei ruoli, i confini si sono fatti più labili.
Nel nostro lavoro di ricerca sulle dinamiche familiari che portiamo avanti da ben 25 anni al CTS di Arezzo, diretto dal Prof. Nardone, è emerso che nel panorama familiare incontriamo 6 tipologie di famiglie, ognuna delle quali con particolari forme di comunicazione e di agire: iperprotettivo, democratico-permissivo, delegante, intermittente, autoritario, sacrificante. Tali modelli non sono di per sè patologici, ma costituiscono quelle modalità interattive che possono rappresentare, se flessibili, una fondamentale risorsa per il ragazzo in crescita e per l’intero sistema, mentre, quando si irrigidiscono, diventano possibili corresponsabili di nodi problematici.
Mi scuso se non li presenterò tutti, mi limiterò ai due modelli che nelle nostre ricerche si presentano con una casistica maggiore… Ovvero il modello iperprotettivo ed il democratico- permissivo.
Negli ultimi decenni dilaga sempre più l’atteggiamento iperprotettivo nei confronti dei propri figli, i quali sono costantemente supportati e facilitati nell’affrontare qualunque difficoltà. Un modo eccessivo di tutelarli, sostituendosi a loro in prove di vita che, per crescere, essi dovrebbero affrontare sempre in prima persona. Tutto ciò è certamente benevolo, (parole di O.W.) poichè basato sull’intento di dover limitare il più possibile sofferenze e malessere ai propri figli, ma, come spesso accade, l’eccesso anche nell’aiutare danneggia. Per dirla con le parole di Ippocrate: ” Anche il miglior medicamento, in eccesso diventa veleno” .
Questo veleno impedisce loro di sperimentare, di mettersi alla prova, di affrontare disagi e ostacoli della vita attingendo alle proprie risorse e capacità personali, prerogative, queste, fondamentali per lo sviluppo dell’autostima e della resilienza personale, qualità irrinunciabili di una personalità sana, equilibrata e capace di gestire le proprie relazioni con se stessa , gli altri e il mondo.
Queste qualità non possono essere ricevute in dono dai propri familiari, perchè vanno” conquistate sul campo”, in prima persona.
Dalla nostra ricerca si evince che da tale modello possono svilupparsi disturbi d’ansia, dalle paure alle fobie fino all’attacco di panico, difficoltà scolastiche sia nel profitto che nel comportamento le quali possono arrivare fino all’abbandono, difficoltà relazionali, sia con i pari che con l’adulto, difficoltà nella gestione delle delusioni amorose , uso di sostanze stampella, disturbi dell’alimentazione. Per fare un esempio negli ultimi decenni l’anoressia si è diffusa come un virus in tutte le società connotate da benessere, divenendo la seconda causa di morte età giovanile, dietro soltanto agli incidenti stradali.
Passiamo ora al modello democratico-permissivo, nel quale i genitori, con grande difficoltà, riescono a dare regole e far rispettare quelle del vivere quotidiano. In questo quadro crescono sempre più dei principi , non dei bambini e il passaggio dal principe al despota è breve. Tutto ciò porta alla conseguenza che l’adulto viene visto come pari con cui confrontarsi, non come punto di riferimento da seguire; ci si abitua presto a chiedere ed ottenere tutto ciò che si vuole, senza sforzi, e ” il tutto e subito” cancella la buona regola del “meritarsi e guadagnarsi” le cose. Il messaggio comunicativo nascosto sotto a tutto ciò è che non ci sono limiti, nè regole… immaginiamo di avere avanti a noi un fiume;il figlio è come l’acqua del fiume che deve correre al mare, i genitori sono le sponde, gli argini del fiume, che seguono il percorso del fiume. Se le sponde sono solide l’acqua scorre e arriva dritta dove deve arrivare, se invece non tengono, il fiume straripa e fa danni. Se i figli di oggi straripano sempre di più dobbiamo lavorare per rafforzare le sponde. Ma come possiamo creare delle sponde solide? Come possiamo aiutare i genitori per aiutare i figli?
In merito a ciò ci sono varie scuole di pensiero: dalle visioni causalistiche e deterministe di tipo psicodinamico, all’interno delle quali tutto ciò che accade nei primi sei anni di vita determina il futuro dell’individuo,agli approcci di terapia familiare i quali mettono sotto processo i genitori, incolpandoli dei disagi dei figli come il prodotto dei loro conflitti di coppia. Dal nostro punto di vista interazionale-strategico si da valore allo studio empirico dell’efficacia genitoriale così che molte delle difficoltà del bambino o di un adolescente possono essere superate guidando i genitori a mettere in atto forme di intervento, le quali conducono i figli al superamento del disagio.
Vi presento il caso di Paolo, un bambino di 8 anni, che ha sviluppato la paura di essere abbandonato dai genitori, e che ,quindi, non vuole più andare a scuola, in palestra o allontanarsi da essi stessi in seguito alla malattia del fratellino il quale è stato tenuto in ospedale, per molto tempo, insieme alla mamma , mentre lui è rimasto a casa con i nonni. Quando mi telefona la mamma chiede di portare il bimbo e rimane sorpresa nel momento in cui le spiego che, di fronte ad un bambino, l’intervento elettivo per l’approccio strategico è quello indiretto, ovvero lavoriamo attraverso i genitori i quali diventano nostri coterapeuti. Pertanto incontro soltanto i genitori e indago su quelli che sono i comportamenti messi in atto nell’ultimo periodo con l’intento di aiutare il figlio. I genitori portano una situazione particolarmente pesante e difficile; ad oggi si sentono ostaggi della paura del piccolo Paolo. Ad oggi Paolo non vuole più allontanarsi da loro nè per andare a scuola, nè per attività sportive, tanto che, anche quando fa i compiti, non vuole stare nella sua cameretta, ma vuole essere costantemente rassicurato dalla presenza di un genitore.
In primis l’intervento è stato quello di bloccare le tentate soluzioni : 1)eccesso di rassicurazioni e varie richieste di aiuto, guidando i genitori strategicamente, nell‘Osservare senza intervenire così da lasciarlo sperimentare le risorse per affrontare le sue difficoltà provando, anche, ad evitare di evitare le situazione temute.
2) un piccolo boicottaggio al giorno consistente nel negarsi alle sue richieste di aiuto.
Inoltre , abbiamo permesso a Paolo di far defluire le sue ansie e paure parlandone con i genitori, ma senza ricevere rassicurazioni, mettendo in atto l’effetto anestesia, ascoltandolo e niente di più. Tutto ciò a lui piace molto, ma deve avvenire secondo uno schema dettato dai genitori, con un inizio e una fine, non tutto il giorno, e senza dialogo il quale invece alimenterebbe la paura ; così può sperimentare che la paura, guardata in faccia , può trasformarsi in coraggio.
Paolo in breve tempo si dimostra meno spaventato nell’affrontare le situazioni che prima lo preoccupavano, tanto da riprendere lo sport ed andare tranquillamente a scuola.
Pertanto possiamo cambiare il tipo di aiuto così da poter far acquisire loro nuove sicurezze, restando fermi e decisi su quelle che sono le principali regole per una sana crescita, perchè l’amore genitoriale consiste nel guidare e nel dare , prima di tutto, la possibilità di esprimersi al meglio e di costruire la propria identità non dimenticando che l’amore senza regole o eccessivamente protettivo genera patologia.
In conseguenza a tutto ciò genitori strategici non si nasce ma si diventa e, come ci insegna S.Francesco, “cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile…vi accorgerete di aver fatto l’impossibile”
Dott.ssa Carla Ascani Ricercatrice e Psicoterapeuta ufficiale del Centro Terapia Strategico di Arezzo diretto dal Prof G. Nardone
Per ulteriori approfondimenti
-Aiutare i genitori ad aiutare i figli G. Nardone e equipe del CTS Ponte alle Grazie
-Modelli di famiglia G. Nardone, E. Giannotti, R. Rocchi TEA
-Psicotrappole G. Nardone Ponte alle grazie